Roberto Wirth, manager di passioni che faceva sentire Roma una «casa»

di Edoardo Segantini

Gli imprenditori del suo tipo devono saper gestire una quantità smisurata di problemi. Servono sensibilità, fantasia, tatto, memoria e altro per saper fare la professione del titolare dell’Hassler

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La morte di Roberto Wirth, il proprietario dell’hotel Hassler su cui ha scritto Lilli Garrone e di cui oggi si celebra il funerale, suggerisce due piccole riflessioni. La prima è che si può amare Roma essendo romani da generazioni, ma forse la si può amare anche di più se si proviene da altrove. Lui era nato a Roma, ma il suo retaggio era svizzero e internazionale. Amava la città come si ama un’amica, non una parente.

La seconda riflessione riguarda la professione di grande albergatore, forse la più affascinante che esista. Il Corriere ha raccontato le tante celebrità che Wirth ha avuto come clienti nella sua «casa» (come i grand hotel chiamano sé stessi). Ma, oltre ai grandi nomi del jet set, gli imprenditori come Wirth devono saper gestire una quantità smisurata e variabile di problemi che riguardano gli insoliti ignoti che ospitano.

Smisurata e variabile come lo sono i caratteri degli essere umani. Le cui esigenze, quando si trovano in alberghi come l’Hassler, sono proporzionate ai prezzi. Occorre dunque un mix di qualità che rende l’imprenditore o il manager alberghiero una figura quasi leggendaria: sensibilità, fantasia, tatto, memoria, conoscenze pratiche; oltre a una dose sovrumana di sangue freddo in presenza di imprevisti.

I teorici del management, formati alla grande scuola dell’industria, hanno sempre sottovalutato questo settore chiave della modernità. L’hanno capito meglio i grandi scrittori. A cominciare da Franz Kafka, che, nel romanzo (incompiuto) Amerika, analizza da par suo le figure professionali dei grandi alberghi americani, viste con l’occhio sgranato del suo protagonista, arrivato dalla vecchia Europa.

In quelle pagine meravigliose, sorprendenti per la modernità quasi cinematografica della visione, il grande scrittore mette a fuoco le caratteristiche delle persone che stanno alla base dell’economia dei servizi. Persone collocate in ruoli operativi, come l’addetta alla reception, o anche umili, come il ragazzo dell’ascensore. Ma a loro modo importanti. Perché, modulando il proprio comportamento, possono risolvervi un problema o rendervi la vita complicata. Ieri come oggi.

Così pensiamo a un imprenditore del calibro di Wirth, abituato a gestire l’ospitalità dei potenti della Terra. Non meraviglia il fatto che, com’è stato raccontato, avesse tanto a cuore il decoro della città. Dispiace profondamente che se ne sia andato un uomo che faceva sentire Roma una «casa» per il mondo. Per i più fortunati.

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9 giugno 2022 (modifica il 9 giugno 2022 | 07:15)